Sono anni e anni…

Immaginate che sia già estate, qui a Viareggio. Con gli ombrelloni, il sole, il mare. Qui viene facile… la mia canzone per l’estate.”. La gente segue le parole di Simone e ripete il coretto balneare dell’introduzione di “Ombrelloni”, si diverte, si stupisce ma, forse, mai abbastanza: perché il vero stupore sta nel riconoscere, alla fine, la propria stupidità. Il concerto lampo del Deejay tour finisce, due battute con il Trio Medusa, un rap goliardico-radiofonico come bis (Massimo rispetto per… Massimo Giletti), poi Simone sgattaiola dietro il palco. Finito. Come? Non si fa così il racconto di una serata con Simone? Lo so, avete ragione; ma questo è un resoconto “cubista”, dove l’artista viene fatto a pezzetti, smontato e rimontato fuori sincrono, in un tempo non lineare. Per condensazioni di frasi e immagini. Come i ricordi.

“Simone, il pezzo non è completo! Non so mica cosa scrivere della serata. C’ho confusione in testa.., mi mancano dei pezzi”. “Va bene, la confusione va benissimo”. Tutti abbiamo fame. Ma si cena dopo l’Arte. Alle otto di sera un gelato può bastare. Frammenti di pizza e di focaccia rapite da rapidissime mani di violinista virtuosista. Presentazioni e accenni a temi da non fare a stomaco vuoto (La “Confessione”. Perché?). Si parla di musica e di viaggi. I musicisti in tour non discutono di acustica, di sound check, di strumenti, di arrangiamenti bensì di… autovelox da evitare! “Descrivimi Simone in due parole e un accordo, o tonalità”, chiedo ad Olen Cesari. “Due parole? Facile, “Bella storia” L’accordo…? Fammici pensare…..uhmm”. “SiM?” gli dico io, alludendo al suo nome…. “No, Si minore no!!Ecco: La, LaSus!”

Arriviamo al palco. Sovraccarico di strumenti, microfoni, casse, luci, tralicci. Simone ed Olen viaggiano leggeri. Non solo come bagaglio, ma come “mentalità”. Olen, tuttofare, prova l’amplificazione, il violino, i microfoni, la chitarra. Dietro le quinte Simone parla col Trio Medusa. La presentazione sarà calorosa, sentita. La transenna è occupata tutta dall’impazienza di molte “cremonine”. Si vede che fremono. Simone spiega “Fabbricante di canzoni”. Pubblico freddino. Le “cremonine” amano Hindemith, forse. Ma verranno sorprese da lì a breve. Olen stacca il tema di “Studentessa universitaria”. Molti visi post-adolescenti s’illuminano….“Ma è sua questa?”. S’inizia a tenere il tempo col battimani, incitati da Olen che, ottenuto il ritmo dal pubblico, lega note su note improvvisando magistralmente.

L’impazienza si placa. Scompare, forse, proprio sulle note della “Canzone più fraintesa del 2005”, come l’annuncia Simone. “Vorrei cantare come…” per chitarra e violino è molto “jazzata”. Un po’ come l’eseguì nel concerto per RadioRai. “Ma perché non ne fate un disco di quel live? Era ottimo”. “Sì, era da CD!!” Mi dice Olen prima del concerto. “Non abbiamo le tracce degli strumenti separate”, mi spiega Simone dopo il concerto, “ma era molto buono, sì.”. Anche “Che bella gente”, intanto, è rimasta nelle orecchie del pubblico. Ora c’è calore. Lo spazio per il pubblico è un po’stretto, sulla bella passeggiata del Lungomare di Viareggio. Siamo alle transenne alla sinistra del palco, aspettiamo Simone. Ci lasciamo alle spalle le “cremonine” più giovani. Due volti da “veri fan” si avvicinano, è facile riconoscere nei loro occhi e nei sorrisi aperti Cristina e Matteo, inesausti viaggiatori musicali sulle tracce sonore lasciate da Simone.

Ci avviavamo verso il palco, era quasi l’ora dell’esibizione. “Cosa hai ascoltato di recente, Simò? Che passa per le tue orecchie? Che t’è piaciuto?”. “Ho ascoltato l’ultimo di Vinicio (Capossela). Davvero bello. Non è un disco, è un documentario. Molto libero, c’è molta libertà…

Non so, queste esibizioni brevi funzionano bene, sono gratificanti, ma mi lasciano anche la sensazione di qualcosa d’incompiuto. Penso rispetto ad uno spettacolo come il C.I.M….Rimane la voglia di un contesto, di un discorso nel quale le canzoni sono inserite….” Parliamo del futuro, degli impegni, dei programmi. Simone ci racconta dell’infinta saggezza dei tombaroli racchiusa e nascosta dalla loro semplicità e rudezza. Anche Cloe, la Labrador nera di Cristina e Matteo, rimane incantata dai racconti di Simone. “Quanto affetto intorno a me ho sentito a Codevilla. E poi l’emozione del sipario di velluto a teatro, a Vercelli. Il teatro è suggestione ed anche autosuggestione…”.

Si parla di “matti”. Dei “Centri d’igiene mentale”. Simone sta cercando un libro in particolare. Ci appuntiamo il titolo in quattro. Lo ritroveremo… Racconta di lettere, lettere scritte e dimenticate, mai spedite, lettere dal manicomio. Messaggi struggenti che mettono in comunicazione due mondi, il dentro e il fuori. Un po’ come le canzoni, no? “Siamo pusher di emozioni”, scherza lui. “No guarda, questa non me la segno!”. Ridiamo insieme.

“Simone, ti devo fotografare a pezzi, lo sai. Il resoconto è “cubista”, lo sai. I piedi, la mano irrobustita dal ritmo, i gesti, le timidezze svelate nella postura. Quando invece, docilmente, si fa fotografare “intero”, Simone si trasforma improvvisamente in un fumetto. “Ma qui sei un disegno esatto di Jacovitti!”. “Sì, è vero!”. Intanto ci racconta storielle, prova la mimica di una barzelletta. Di questo giovane grande “cantautore” è lui stesso a svelarci che la parte che sente più propria è quella dell’Autore. Ecco, Simone è un “autore”. E da un autore puoi aspettarti qualsiasi cosa: un disco, una canzone, un libro, un progetto teatrale, un monologo, un documentario. “Simone, il pezzo non è completo. Come la racconto questa serata?”. “Intanto abbiamo il titolo che ci ha dato Max, no? “Sono anni e anni”, mi dice lui.

In effetti, a pensarci bene, sono anni che non si presentavano sulla scena così tante potenzialità creative in un artista solo. Ciao Simone, alla prossima.

[di Matteo]

  • Belle foto Mat!
    i particolari fanno la differenza.

  • ma questo è bellissimo!!! è da riprendere dai meandri!!

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