Addio ad Enzo Jannacci

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Oggi sulle pagine dei quotidiani ed in Rete abbonderanno i “coccodrilli“, così son chiamati gli articoli commemorativi dedicati alla morte di un personaggio famoso: vengon solitamente preparati in anticipo, appena si sa che il dato illustre tizio, caio o sempronio sta male, è ricoverato oppure raggiunge una certa età per la quale è lecito pensare che sia lì lì per andarsene, li tengon nel cassetto e li utilizzano con le opportune modifiche ed aggiunte non appena la persona famosa in questione si decide a tirar le cuoia.

Cinico e pratico.

Il Blog Senza Lacci vuole salutare il grande Enzo Jannacci non con le “lacrime di coccodrillo” delle varie testate giornalistiche, ma con le parole che Alessio Brunialti (giornalista, sì, de LaProvincia di Como che ha intervistato Simone per la presentazione del libro Mio Nonno È Morto In Guerra e lo farà ancora il 12 aprile per Album di Famiglia) ha però condiviso in una semplice mailing list: parole scritte di getto, un addio sentito, un dispiacere che anche la RufusRedazione e tanti Slacciati condividono.
Aggiungo personalmente un pensiero per Paolo Jannacci, pianista d’eccezione e ragazzo simpatico ed alla mano: a lui il nostro forte abbraccio.

Buongiorno,
buongiorno dottore, ho il mal di cuore, ma lei non mi può più curare. Dottor Jannacci, ma che modo è, mi scusi? Come dice? Come, se glielo dicevo prima? Se glielo dicevo prima mi curava? Cioè, scusi io mica lo sapevo prima che succedesse che mi avrebbe fatto così male. Eh! E son mica il solo che c’è rimasto male, sa. Anzi, sai, che poi con il medico si cerca sempre di prendere un po’ di confidenza sperando che se si passa dal lei al tu anche i malanni poi son più simpatici. Dicevo, mi fa così male perché io, prima di nascere, ci avevo già i tuoi dischi. Giuro! erano lì in casa che mi aspettavano, hai capito? Così io ho saputo subito del taxi nero che andava col metano e del primo amor di tutta via Canonica, di Giovanni telegrafista e Bobo Merenda, sapevo anche cos’è che fanno i ruccheté, che anzi, quando me lo chiedevano da piccolo cosa vuoi fare da grande io rispondevo tutto pronto “il ruccheté!”. E così a me quella Milano lì che mi ha buttato via subito me l’hai raccontata tu, che mi pareva di viverci lo stesso. Che poi ci tornavo ed ero pure venuto a sentirti, a sentirti, ma non a vederti perché c’era troppa gente, però mica mi dispiaceva che non ho visto niente che così anch’io ero venuto da Como per niente. Sì, che poi qui tutto è un fazzoletto, che non solo poi sei venuto qua te a lavorare, ma c’è il precedente, c’è il suo bel precedente che la mia zia era in università con te e mi hai detto che te la ricordavi perché ti prendeva in giro che te come cantante, assieme a quegli altri amici tuoi, quello che sembrava uno scemo tutto molleggiato, quello col nasone, quello sempre cupo che sembrava che si dovesse tirare un colpo, te con quelli lì non andavi da nessuna parte. Ma adèss? Dove vai adesso? Ma cosa t’è venuto in mente? No, tu no! Che poi una volta ti avevo telefonato per una di quelle cose che devono fare i giornalisti, e stavi in elenco, Jannacci Vincenzo, e non potevi ma mi avresti richiamato e mentre aspettavo la risposta canticchiavo Non occupatemi il telefono. Oggi quelli che “io lo conoscevo bene” dissiperanno l’aggettivo “surreale”, mentre per me era tutto realissimo, reale come oggi, quando scorrendo le Ansa passò decisione torna nelle mani del Capo dello Stato, passò Corea del Nord contro Seul, passò 83 minatori sepolti in Tibet, passò matrimonio Alba con altro, passò cantautore Jannacci morto. Sarà davvero un’alba poco alba, questa, e anche se c’è più di sei minuti io sto sveglio. E ho pensato, però, che bel modo di commemorare i dieci anni del Gaber, andare a dirglielo di persona. Allora quasi mi fa meno male, dottore, se so che torni a divertirti, Vincenzino…

Un brano così acconcio che quasi ricomincia a farmi male:

(Di Alessio Brunialti, tratto dalla ML “La Settimana InCom”)

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