Giorno del Ricordo

Buongiorno a tutti!
In occasione del Giorno del Ricordo vorrei parlarvi di un luogo che si chiama Magazzino 18.
È un antico deposito di merci nel porto vecchio di Trieste.
Un anno fa il Direttore dell’Irci Piero Del Bello mi ha aperto le sue porte,e ho scoperto una storia che non conoscevo: quella dell’esodo degli istriani,fiumani,dalmati e giuliani. In mezzo a 2000 metri cubi di masserizie abbandonate, letti, sedie, armadi, cassapanche, libri, ritratti, fotografie… ho quasi percepito le grida silenziate di migliaia di italiani dimenticati. Una storia che chiedeva di essere raccontata, dopo sessant’anni di oblio.
Non c’entrano fascismo e comunismo.
Come in ogni mio lavoro, io pongo al centro l’uomo e gli uragani che stravolgono la sua esistenza.
Chi mi segue conosce bene questa mia attitudine, che è diventata poi una passione.
Insieme al giornalista Jan Bernas (autore del libro “Ci chiamavano fascisti,eravamo italiani”) ho deciso di raccontare questa storia in uno spettacolo teatrale.
Quella dell’esodo è una storia che non ti insegnano a scuola, devi andartela a cercare tu! E così ho fatto: appassionato sempre più dalla vicenda, ho letto libri, incontrato i testimoni e parlato coi figli degli esuli, scoprendo un groviglio di storie che si intrecciano l’una con l’altra: Goli Otok, i monfalconesi, i campi profughi, e il silenzio del PCI.
Ma soprattutto ho scoperto che ci sono ben altri tipi di “foibe”di cui nessuno parla mai.
Quelle delle donne, gli uomini e gli anziani senza più radici, morti di malinconia nei campi profughi, perché non potevano più rivedere la loro terra.
Da circa un anno con Jan Bernas sto lavorando al testo e alle canzoni di “Magazzino 18” per il debutto previsto il prossimo 22 ottobre al Teatro Rossetti di Trieste, che sarà prodotto dal Teatro Stabile Venezia Giulia per la regia di Antonio Calenda.

“Magazzino 18” è la prima canzone che ho scritto per lo spettacolo, potrete ascoltarla dal 14 febbraio nel cd “Album di Famiglia”.
Come è scritto nel libretto, è dedicata agli esuli sparsi per l’Italia e il mondo.
Simone

  • Sai Simone, quando ho sentito la tua canzone ed il tuo monologo su Youtube, riportato anche dai vecchi ricordi di Sergio, mi sono chiesta: ma come mai un cantautore riesce a portare alla luce un dramma vissuto dagli italiani d’Istria, quando tutti i politici ed il governo italiano stesso hanno fatto di tutto per insabbiare questo tragico ricordo scomodo a molti?
    Forse finalmente i giovani hanno riscoperto ideali sopiti e sopratutto vogliono leggere le pagine di storia che i politici hanno strappato dai libri perchè scomode.
    Io sono nata a Trieste, figlia di esuli istriani.
    Vedo ancora le lacrime di nostalgia negli occhi di mio padre quando ricordava il “suo” mare e le sue ferite su un corpo martoriato dalle persecuzioni delle bande di Tito. Fino alla sua morte mi ha sempre parlato della sua Istria e di come (parole di una sua lirica) il vento di scirocco lo avesse portato lontano dalla sua terra. Ora vive volando sopra la sua S. Lorenzo di Daila.
    Mia madre è ancora con me, quando ha letto il testo della tua canzone mi ha detto: sto picio xe un grande, cussì giovine el ga capì tutto.
    Le sue lacrime hanno commosso anche me, in fin dei conti nelle mie vene scorre sangue istriano.
    Grazie Simone, è stato davvero bello il tuo gesto, la gente istriana ti deve un grazie grande.
    Un abbraccio: Daniela

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