Quella guerra senza eroi (da LaNazione)

QUELLA GUERRA SENZA EROI
Cristicchi in scena a Firenze: poema dedicato al nonno
di TITTI GIULIANI FOTI
— FIRENZE —

«ERA PARTITO per la Russia con la Divisione Torino e aveva 18 anni.
Mio nonno era un soldato di fanteria, si chiamava Rinaldo Cristicchi. Alla fine, su 150 arruolati, è stato tra i cinque a farcela. Ma per tutta la sua vita ha sempre voluto tacere. Non ha mai raccontato a nessuno questa storia. Allora l’ho fatto io per lui». Simone Cristicchi, arriva a Firenze, al teatro di Rifredi per due sere,
domani e sabato —info: 055 4220361/2 — con «Li romani in Russia.
Racconto di una guerra a millanta mila miglia»: è uno uno spettacolo pieno di sfumature di emozioni. Un racconto in versi intenso e poetico, perfettamente interpretato.
Simone, tra ottave e rime come si racconta?
«In scena sono il prete cappellano, il sergente maggiore, sono piccoli personaggi di questo plotone che parte per la Russia. Per la prima volta mi sono affidato a un regista, Alessandro Benvenuti ed è stato un bene. In questi anni ho fatto da solo, ma adesso ho potuto imparare tutto a memoria: essendo in versi non posso saltare neppure una parola. Mi sono concentrato sul mio ruolo delegando ad altri i vari aspetti dello spettacolo».
Cristicchi one man show?
«Ho sempre apprezzato questa categoria di artisti, nonostante facessi musica, da Paolini a Proietti. Interpreti che riescono a polarizzare l’attenzione con le parole, il racconto. Non riempirò mai i palasport, ma lo vivo come una sfida con me stesso. Questo spettacolo mi dà quasi più soddisfazione di un concerto. E’ come salire sopra una montagna, arrivarci e godermi il panorama dall’alto».
E’ bello sapere che un artista abbia questa sensibilità.
«L’ho acquisita nel periodo della mia adolescenza perchè è venuto a mancare mio padre. Mi sono inventato un mondo parallelo per evadere perchè non riuscivo ad accettarlo. Mi è venuta a mancare una figura di riferimento: spesso le storie della mia famiglia vanno a finire negli spettacoli. All’inizio non è stato facile e comunque ho dovuto faticare una decina d’anni. In pratica questa esperienza è stata una laurea».
Sconfitte: eventualmente da evitarle, e, nel caso siano inevitabili, farle fruttare?
«E’ così: ho scritto canzoni e spettacoli e poi ho trovato questo poema in versi di un grande poeta romanesco, Elia Marcelli che racconta la campagna di Russia. Racconto mio nonno che è tra i pochi che riportano a casa il freddo, il dolore, la rabbia. Rivivo passo passo tutta la spedizione dalla partenza alla ritirata: credimi. Una fatica enorme sia emotivamente che fisicamente anche perchè non sono abituato. E dò tutto me stesso».
E’ l’ascolto di vite reali, precarie ma appassionate.
«Mio nonno per tutta la sua vita ha avuto sempre freddo anche d’estate si copriva. Ho immaginato fosse il freddo che ha sentito nella asteppa che gli era rimasto addosso. Allora ho sentito il dovere di raccontare, per non dimenticare. E ho scelto la poesia, per dare a questi ricordi la forma più alta ed eterna. Adattamento curato dal professor Teodonio studioso di lingua che ha lavorato su un poema di 1200 ottave e circa 4000 versi».
Simone e Rinaldo insieme anche in un libro.
«Ho percepito con dolore, la fine di un’epoca nella cui memoria siamo cresciuti. Ho visto scomparire e barcollare nuove formazioni, ancora incerte nelle loro identità moderna. Alla base della mia vita anche non artistica c’è questa curiosità dell’altro, delle storie degli altri. Allora ecco il libro sulle testimonianze della Seconda Guerra Mondiale, “Mio nonno è morto in guerra“. Per farlo mi sono messo in viaggio in giro per l’Italia, sono andato a intervistare gli ultimi reduci viventi dell’Ultima Guerra. Un’avventura».
A Sanremo la partecipazione con il Coro dei Minatori
dell’Amiata resterà epica.

«Devo molto a tutti loro. Ho iniziato a recitare da lì, nelle pause dalla musica. A Sanremo? Divertente, certo: ma sul palco con noi c’erano consapevolezza degli errori e coscienza»

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