Mary, laureata precaria (2)

“Quasi non ci credevo quando ho letto l'”annuncio” sul blog… era da un po’ che volevo ringraziare Simone per avermi dato finalmente un’identità.

Quando mi sono laureata, a giugno di quest’anno, non riuscivo ad identificarmi come una “dottoressa”, titolo tanto ambito negli ultimi cinque anni, ma solo come “una ex studentessa in cerca di primo impiego”. Dopo aver frequentato l’università ed essere stata etichettata come una figlia del tre più due (la riforma universitaria), mi sono ritrovata ad una settimana dalla discussione in viaggio verso Roma per fare i miei primi colloqui di lavoro, uno strazio, mi sembrava di essere una macchinetta a gettoni che una volta azionata ripeteva sempre la stessa storia su tesi, obiettivi di vita e i propri tre pregi e tre difetti, e sentiva sempre la stessa risposta da parte degli “uditori”.

Di colloqui ne ho fatti molti anche due o tre nello stesso giorno, e tutti in un solo mese, luglio, e per un’unica posizione non era mai un colloquio solo: prima con le risorse umane, poi la psicologa, poi il manager, poi il partner; ero arrivata a fine luglio stanca e scosolata, il solo pensiero di dover affrontare un ulteriore colloquio mi demoralizzava, pensavo di non aver più nulla da dover dire, di essermi in qualche modo spersonalizzata ed essere diventata un semplice prodotto: quello del mondo del lavoro.

In fondo poi nessuno mi ha mai proposto chissà quali contratti ma solo stages, che potevano o meno avere delle finalità ulteriori (tipo rinnovo dello stage di altri sei mesi o contratto di apprendistato).

Cmq l’ultimo colloquio che ho fatto è stato l’unico che poi mi ha lasciato a bocca aperta. Ero andata lì pensando: “Figurati se prendono me sicuro mi diranno la solita frase (grazie della disponibilità le faremo sapere)“. Ed invece, pur essendo stata più timida del solito, mi guardano in faccia e mi dicono che per loro potevo cominciare anche dal giorno dopo, una frase che non mi sarei mai aspettata, che mi ha lasciata senza parole.

Così da settembre sto facendo uno stage, mi danno 600 euro al mese è poco, ma come inizio non è male i “colleghi” (non mi sento di chiamarli così) sono molto gentili con me e disponibili ed amorevoli e mi sento sempre in debito nei loro riguardi, naturalmente loro sanno e capiscono che con i soldi che mi danno non potrei mantenermi a Roma, visto che solo l’affitto della mia cameretta mi viene a fare sui 400 euro al mese, e cercano di venirmi incontro anche con piccole cose come il caffè la mattina.

Io mi auguro di poter continuare questo lavoro anche dopo che si concluderà questo periodo di stage, perchè mi piace e mi fa sentire bene. Già perchè quando facevo i colloqui ilmio obiettivo era quello di trovare un lavoro da poter fare col sorriso sulle labbra, che in qualche modo avesse a che fare con i miei studi e che mi rendesse “un non peso” per i miei genitori.

I primi due punti li ho raggiunti, è sul terzo che ancora devo lavorare ed è per il terzo che, anche se a malincuore, continuo a mandare il giro su internet il mio Cv. Il mio unico desidero adesso è di superare questa incertezza, non è più solo una questione economica, come quando mi sono laureata, ma è anche la speranza di avere delle certezze che sembrano vietate a noi giovani, in fondo anche se il lavoro mi piace a volte è sconfortante doversi alzare la mattina e sapere che anche se ce la stai mettendo tutta putroppo non è detto che ci sia un impiego fisso all’orizzonte.

Spero di non avervi annoiato con questa storia.
Mary

  • Ma vai! ce la farai sicuramente!
    Tanti Auguri per tutto quanto.

  • Segnalo una petizione per docenti precari non abilitati. Per il riconoscimento del servizio prestato e per non essere più precari di serie B.
    http://www.universitydimension.com

  • Che bella questa mail anche a distanza di tempo.

You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.