Il personaggio di Glaucopide

CLELIA

Indossa ogni mattina un vestito stirato, da signorina per bene, con la gonna al ginocchio… una fantasia sobria. Acconcia i capelli in uno chignon che, come le ha sempre detto sua madre, va bene per tutte le occasioni. Si siede vicino alla finestra, e aspetta. Ha aspettato tanto, è per questo che l’hanno portata qui. Ormai i suoi capelli non sono più color del lino e gli anni solcano il suo volto, ma ogni mattina lei si prepara: ineluttabilmente, da cinquant’anni. Sta alla finestra e scruta l’orizzonte: vicino alla porta, per vedere chi entra. E aspetta, aspetta. Aspetta il suo capitano. Abitava sulla costa, Clelia. Era di buona famiglia, promessa a un giovane ufficiale dalla capigliatura riccia e nera e gli occhi azzurri come il cielo: avrebbero dovuto sposarsi all’inizio d’agosto, al suo ritorno. Ma lui non tornò. E lei aspettò, fissando l’azzurro mare tutto quell’agosto. E settembre. E ottobre. Passò un anno: lei non parlava più, aspettava soltanto. L’agosto seguente la portarono qui, e da allora non è cambiato nulla…tace, aspetta. A volte, nel vedermi da lontano, trasale: forse perché ho una gran massa di capelli ricci. Ma poi, quando l’avvicino, mi rivolge un sorriso triste… Mi regala una carezza rassegnata, e torna a guardare fuori: forse perché i miei occhi non sono azzurri come il cielo. Non sono azzurri come il mare d’agosto.

[di Glaucopide]

  • “ma ogni mattina lei si prepara: ineluttabilmente, da cinquant’anni. Sta alla finestra e scruta l’orizzonte”: mi avete fatto venire i brividi, anche io ho conosciuto una Clelia, ma è stata piu’ fortunata. Ho saputo del suo aspettare senza ritorno per tanto tempo in un manicomio, alla finestra l’arrivo di una persona che da un viaggio non torno’ mai piu’ (pace alla sua anima) da dentro un manicomio.
    La vostra frase che ho citato mi ha fatto ricordare una bellissima canzone di una collega di Simone: la Mannoia in Lunaspina.

You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.