Tu cosa ne dici? – la recensione di Andrea Icardi

Andrea aveva partecipato all’Hangout con Simone su Google+ ed ora ci invia la sua recensione:

Album di famiglia: il titolo dice già tutto, perché dopo averlo ascoltato ci si sente davvero parte di un’immensa famiglia, parte dei colori del “disegno di un mondo perfetto” (cit.), rappresentato proprio sulla copertina del disco attraverso il disegno di un bambino di cinque anni (Tommaso Cristicchi, 5 anni, figlio di Simone);
Ma cosa c’è di più “perfetto” e più semplice del pensiero di un bambino?

Ed è proprio la semplicità il filo conduttore di questa raccolta poetica in musica, che parte proprio dalla prima traccia “Mi manchi” dove in modo quasi fanciullesco, attraverso un raffinato, elegante ed anche un po’ divertente gioco di parole, viene affrontato il tema della mancanza intesa come amore. L’amore che si ripropone in questo senso anche in “Canzone piccola”, e ne “La cosa più bella del mondo”, ma questa tematica viene affrontata anche nel suo senso più lato, intesa come attaccamento alla vita dalla quale qualcuno di noi si può sentire tradito, o forse è meglio dire “Scippato”, ma nonostante ciò viene letteralmente elogiata con un forte senso di gratitudine.

Si può dire che in questo disco ogni pezzo è una storia ed ogni canzone è un pezzo di memoria.
Come la memoria degli esuli istriani narrata in “Magazzino 18”, che racconta la triste vicenda che toccò a molti nostri connazionale nel dopoguerra, e tutto ciò che rimane di loro è racchiusa in questo edificio situato nel porto di Trieste.
Oppure la memoria di “Laura (Antonelli) attrice che si spoglia per un popolo guardone..” la cui storia va oltre l’apparenza di quel corpo sensuale rimasto nell’immaginario collettivo delle persone, ma è la storia di una donna fragile e sensibile immolata da un sistema che l’ha prima portata al successo, e poi letteralmente schiacciata.
Talvolta però la memoria del passato non è poi così diversa dal presente, e “Cigarettes” racconto un po’ verista, nel senso che viene raccontata in modo “duro” e “crudo”, senza alcun commento dell’autore una realtà, in questo la realtà degli emigranti che in cento anni non è affatto cambiata.
Senza notte né giorno” invece è la storia malinconica di chi, purtroppo solo con la mente, cerca di fuggire, da questa realtà “nuda” e “cruda”.

E se per “evadere” ci recassimo tutti a teatro?

Oggi no. “Il sipario” si chiuderà “…nell’indifferenza dei numeri” perché siamo tutti troppo pigri, preferiamo rimanere incollati al divano “…con le mani ormai piene di telecomandi e visioni 3D”

Ma il Cristicchi pungente e ironico del passato a cui ci eravamo abituati, non ha lasciato completamente spazio a questo stile più intimo e poetico, infatti è ancora presente in “Le sol le mar” dove con un italiano maccheronico, e uno stile che ricorda vagamente Rino Gaetano viene descritta l’Italia come una “…barca che affonda”
Ed un altro chiaro riferimento alle origini, riprendendo la tematica dei “matti” onnipresente in varie forme nella carriera cristicchiana, la ritroviamo ne “I matti de Roma” (“…si tu mi chiedi chi so’ i veri malati, dipende da che parte chiudi quer cancello”) .

Tutto sommato si può dire che questo disco parla in modo molto poetico di vita, che però ha una fine. Tutti temiamo la morte, per noi è una cosa seria, anche più della vita stessa che talvolta prendiamo un po’ troppo alla leggera. Forse sarebbe meglio che facessimo il contrario godendoci a pieno quest’esistenza che forse, come affermato in “La prima volta (che sono morto)” continuerà con un “…corso di aggiornamento, dove impareremo ad amare la vita, in ogni singolo momento”.
Il disco si chiude con una poesia del poeta romano Mauro Marè “Testamento” che non ha certo bisogno di commenti.

Ma la fine, non è la fine (scusate il gioco di parole)…. perché “Vanitas Vanitatum”… qualcosa si nasconde!!!

  • ho ascontato la tua canzone mi é piaciuto molto .sono una bambina argentina e ho 12 anni ho ascoltato la tua canzone a scuola.mi chiamo marilyn baci !!!!!

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