Intervistato da una civetta…

Carlo Susara intervista Simone per il mensile “La Civetta”.

Simone Cristicchi ha una preparazione, una sensibilità, una profondità artistica tali da far sentire di meno la mancanza di un maestro assoluto come Fabrizio de Andre.
Abbiamo incontrato l’ artista romano durante un festival in Valle Camonica: “Dallo sciamano allo show-man”, una rassegna estiva che da anni porta in terra camuna sia artisti di fama nazionale sia giovani promettenti, come ad esempio lo stesso Cristicchi che si esibì nel 2006, prima d’essere conosciuto come oggi.
“Dallo sciamano allo show-man” è una splendida iniziativa con decine di spettacoli d’assoluto valore ad ingresso gratuito: dovrebbero prenderla a modello tutti quegli amministratori che organizzano cartelloni estivi vicini all’essere imbarazzanti.
Per informarvi sulla prossima edizione ricordate il sito: www.shomano.it

“La Canzone di Marinella” viene scritta da De Andrè che, basandosi su una notizia vera, intende nobilitare la morte invece violenta d’una prostituta. Tu, nel tuo pezzo “Lettera da Volterra”, spedisci idealmente la lettera d’un recluso del manicomio di Volterra dove, come in quasi tutti i manicomi, agli internati veniva permesso di scrivere della corrispondenza che spesso però non veniva recapitata; sei quindi, come De Andrè, intervenuto sulla realtà con un intervento “riparatore”: ti sei ispirato per questo a quella canzone ed a quell’ autore?
Sicuramente c’è una vicinanza a tutte quelle storie che resterebbero senza voce; in particolare questa forse lo è ancora di più perché si tratta di qualcosa di scritto mai arrivato a destinazione, quindi ancora di più c’è il valore di una voce che semplicemente pronunciando quelle parole riesce a spedire quel messaggio. Dalla scoperta delle lettere del manicomio di Volterra, dovuta al libro “Corrispondenza negata” che è stato ripubblicato recentemente, è nato lo spettacolo “Lettere dal manicomio” che ha girato negli ultimi anni e che continua ad essere rappresentato; nel mio libro, dove includo le lettere scritte e mai spedite dal manicomio di Volterra, dico di leggere ad alta voce quelle lettere per rendere in qualche modo giustizia.
Sicuramente mi interessano le storie da salvare, come se fossi una specie di Greenpeace, m’interessano quelle cose che rimangono nell’ ombra, mi viene in mente anche il lavoro fatto sulle miniere con il coro del minatori di Santa Fiora assieme ai quali siamo riusciti con uno spettacolo a raccontare un mondo sommerso questa volta non nelle profondità della mente ma in quelle della terra.
Riuscire a recuperare questi spaccati di vita vuol dire recuperare una memoria, ma anche salvare quelle storie dall’ oblìo

Come mai hai centrato il tuo lavoro sui manicomi a Volterra dato che quando si parla di questo argomento la prima figura che viene in mente è quella di Basaglia a Trieste?
E’ stata una casualità: quando decisi di partire con questa piccola troupe in giro per l’Italia, fra l’altro a mie spese quindi a mio rischio e pericolo, lo feci da Roma per arrivare fino a dove saremmo resisititi, e siamo arrivato oltre Genova.
Abbiamo visitato, in questo viaggio, anche molti ex manicomi della Toscana; in realtà la storia delle lettere scritte e mai spedite esiste un po’ ovunque, ma nell’ ospedale psichiatrico di Volterrra è stata fatta proprio un’operazione di recupero da parte dei medici. Un’ altra ragione è che quel complesso è rimasto sostanzialmente così come’era negli anni sessanta, quindi la struttura stessa evoca un mondo che non c’è più

Come affronti questo concerto in una provincia come quella di Brescia, tristemente nota per essere ad alta presenza leghista e quindi anche in buona parte razzista?
Non mi pongo questo problema, non mi pongo il pregiudizio come quando vengo invitato a suonare nelle feste religiose; non mi pongo il problema a priori di andarci o non andarci, io porto la mia musica ed i miei messaggi, sperando che vengano recepiti poi da persone con un’apertura mentale .
Vengo considerato un artista di sinistra, ma è un po’ un errore che si fa guardando i miei capelli , sinceramente non mi sento schierato da nessuna parte , questo fa di me poi una mina vagante che può, nello stesso spettacolo dare un colpo al cerchio ed uno alla botte

Cantare o recitare in dialetto come fai a volte: qual’è la chiave di lettura per essere giustamente orgogliosi delle proprie origini senza sconfinare nella discriminazione e nell’intolleranza
Secondo me la chiave è la sincerità: il momento in cui uno sente una spinta interiore nel recupero delle proprie radici e riesce a farlo in maniera naturale sopra un palco non credo che ci sia nessun tipo di problema.
La discriminazione nasce da altre cose, come quando viene mal tollerato un accento sulle proprie origini; in realtà a me piace mescolare l’italiano ed il romanesco proprio per far capire la mia provenienza, ma è un romanesco molto comprensibile: il primo esperimento che posi in essere fu proprio a Brescia quando presentai “Li romani in Russia” , feci questa prova proprio per capire se questo romanesco potesse giungere fresco e comprensibile fuori dai confini di Roma, lo spettacolo venne accolto molto bene

Alcune tue canzoni hanno nel testo quelle che vengono considerate “parolacce”: quando ritieni una canzone volgare?
Secondo me una canzone è volgare quando è banale, mi dispiace che dei genitori si siano trovati spiazzati quando i loro figli hanno ascoltato queste tracce dove compaiono quelle che vengono chiamate volgarità, ma io credo che la volgarità risieda in altri posti, in altri tipi di canzoni

Hai vinto numerosi premi oltre ad una manifestazione molto conosciuta come “Sanremo”, ma per te cos’è il successo, con cosa lo identifichi?
Se parliamo di vita professionale e non personale, il successo è la libertà, che sono riuscito a costruirmi, di potermi esprimere anche attraverso tante altre forme che non sono per forza quelle della canzone , come documentari o libri, ma anche una trasmissione radiofonica con Nino Frassica; questo è quello che io reputo il mio successo, al di la che davanti a me ci siano diecimila persone o poche centinaia

Dai fumetti alla canzone, dal teatro alla radio, per arrivare ad una prossima colonna sonora: preferisci essere considerato show-man od artista poliedrico?
Probabilmente mi piacerebbe riuscire a diventare uno show-man e sto lavorando per questo, però per molti sono un artista poliedrico perché mi piace imparare: tutto nasce dalla voglia di imparare e migliorarmi

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