Quella necessità di etichette

senza lacci
ovvero: eh?!

Ascolto una presentazione degli appuntamenti musicali sulla televisione online di repubblica. Ad un certo punto… sgrano le orecchie. Ascolto infatti una voce che dice di seguire con attenzione Simone Cristicchi, ma di non essere ancora pienamente convinta quanto al giudizio da dare alla sua musica perché non è ancora al 100% solo pop o 100% solo cantautoriale. Eh?! -mi dico- ho ascoltato bene?! Qualcuno vorrebbe forse che il talento di Simone fosse incanalato in qualche sorta di etichetta del tipo, appunto, 100% pop o 100% cantautore?! Certo capisco che la società omologante nella quale viviamo si trova in difficoltà se non distribuisce segni di chiara di appartenenza ad un qualche gruppo già codificato, riconoscibile e per questi due motivi… tranquillizzante, ma quella voce si rassegni: Simone è il primo degli slacciati, e le camicie di forza delle etichette convenzionali e globalizzate le lascia volentieri ad altri. Per fortuna.

[Max]

  • Chi ha il diritto di etichettare l’arte? Non si parla di un prodotto con una data di scadenza o una provenienza e una destinazione precisa…L’arte viene dal cuore e va dove trova posto…Purtroppo però, quello che leggo nel post lo riscontro anche nella vita di tutti i giorni; tante volte ho sentito dire che non si capisce il genere di Simone…Ma a chi importa? La musica non ha bisogno di “foglietti illustrativi”

  • Lucia, chi dice “non si capisce il genere” fa un complimento (probabilmente involontario) a Simone perché è appunto “il suo genere” e di nessun altro, a quanto pare (e si dice). Di più: è il fondatore del “genere slacciato”, toh! ;o)

    PS – Lo stesso spettatolo C.i.m. si ispira al “teatro canzone” di Gaber, ma è altro. Quasi quasi lo convinco a dargli un altro nome, così per scansare equivoci. “Teatro slacciato”, forse?

  • Possiamo chiamarlo come vogliamo Max, o anche non chiamarlo affatto, perchè, come tu giustamente sottolinei, è il suo genere, e di nessun altro… Quella che chiamiamo rosa, anche con un altro nome, avrebbe lo stesso profumo… Diceva così Shakespeare no?
    Per quanto riguarda le etichette… rendono la vita rassicurante, hai proprio ragione. E questo non rientra nella filosofia di noi slacciati!

  • Caro Max, sono d’axxordo con te per tutto cio’ che hai detto. Seguo in silenzio Simone da tempo, in silenzio perchè sono grande, e a volte mi sento fuori luogo in mezzo a tanti ragazzi che hanno l’eta dei miei figli. Faccio parte della Fondazione Bindi, e ti assicuro che di artisti ne ho visti e conosciuti tanti, ma Simone ha un qualcosa, forse proprio il suo modo di essere libero, che mi incanta. Lo guardo quando si avvicina ai fans, e non ha la scontrosità che hanno i vip, che fanno aspettare invano i loro fans, per poi sorridere a malapena e scappare via. Lui no, lui è diverso, è unico. Spero tanto (ma so già che sarà così), che non cambi mai, che rimanga in lui la purezza che dimostra. Grazie ancora per la splendida serata alla radio e mi auguro che ne capitino altre. Con affetto Chiara

  • La colla delle etichette su Simò non ha presa, così gli scivolano di dosso. Non ha crepe di facciata in cui infilare a forza un talloncino nè riesci ad annodargli il filo di un cartellino attorno al polso.
    Genere Slacciato o Cristicchi Style… (ma non amando gli americanismi un bel StileCristicchi ci starebbe meglio. No? 😉 )

  • Catalogazioni, omologazioni, marchi d’appartenenza indelebili, tentativi di cancellazione dell’individualità e dell’originalità espressiva… che tristezza… mi torna in mente quel che Simo disse in conferenza stampa durante il Festival alla presentazione del film/documentario… tutto questo è pensiero manicomiale. Ed è impossibile non essere d’accordo. L’arte è libera contaminazione, ricerca, rielaborazione personalissima di influenze ed emozioni alla luce di esperienze, personalità, sensibilità… come si può costringere tutto questo in un genere, una collocazione, un bollino tipo codice a barre, tanto per richiamare l’immagine postata su ? Mah… dopo avere ascoltato questa “esperta”, mi viene da chiedermi, più che mai : quando si ha poco da dire, non sarebbe il caso di non dire ?

    PS : Max… “Teatro Slacciato” è una magnifica definizione… 😀

  • E figuriamoci se non spuntavano le etichette anche per Simone..ma l’Arte meno che mai ha etichette..e cercarle vuol dire essere piuttosto ciechi..invito la giornalista a comprarsi un paio di occhiali..chissà che non la aiutino ‘a vedere meglio e a saper andare oltre il suo naso..

  • Scuste ma commento di nuovo…A proposito di stupide etichette, sapete che in un grande e noto negozio di dischi di Roma (non dico il nome anche se sarei tentata, ma temo censura), Luigi Tenco è nella sezione pop accanto ai Take That??? Ci stiamo rinc******endo tutti!!!

  • L’illogico alfabeto

  • chi pensa di voler dare un’etichetta alla musica di Simone sicuramente non ha capito davanti a chi si trova…resterà deluso nell’accorgersi dell’infinita libertà di Simone..ah,questo stile slacciato che mette in difficoltà la nostra società omologata..scacco matto.

  • Ci sono cose che per loro natura non potendo essere definite, non potendo essere inquadrate come certi correnti di pensieri, come certi stili artistici che nascono con un autore e li muoiono, come certi registi, come certi cuori e menti che stanno “sulla linea di confine” devono essere PER FORZA DI COSE ETICHETTATE DALL’UOMO: l’uomo se da loro un nome sente di aver scoperto qualcosa… se non trova loro un nome e’ come se cio’ non esistesse… Guardate il borderline: esiste? non esiste? esiste, esiste, ma e’ cosi’ labile che lo hanno dovuto chiamare linea di confine perche’ metteva in imbarazzo la stessa psichiatria per non saperlo in che cavolo di contesto incasellarlo. L’importante NEL MIO CASO non è l’etichetta della malattia, è la convivenza indi: la cura. Lo stesso vale per la cultura artistica: fa paura uno stile nuovo? Allora o lo chiamiamo ibrido o allora bisogna pagare qualcuno per dargli un nome.. o si grida al “non si sa bene” vedi artisti come Carlo Fava… spettacolari, di cui hanno detto peste e corna pur nella sua magneficienza. Assomiglia troppo al signor G? E se io mi leggo tutta la vita Pavese non è che quando scrivo posso avere le influenze di Camilleri, no? Simone? Non è catalogabile: e questo spaventa 😉 hi hi hi

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